Il Ghetto di Venezia è senza dubbio uno dei luoghi più caratteristici ed affascinanti di Venezia. Un luogo piccolo e raccolto dall’atmosfera tranquilla, dove poter scoprire la storia della sua comunità ebraica attraverso gli alti edifici, le sinagoghe, i ristoranti kasher, le botteghe artigianali.
Nel Rinascimento questo piccolo quartiere era una città nella città. Oltre alle abitazioni e alle sinagoghe c’erano un teatro, un’accademia di musica e salotti letterari, a fianco di attività minori: dal sarto all’osteria, dal magazzino del legname al forno per il pane. E poi ancora una locanda ed un piccolo ospedale.
Cosa vedere nel Ghetto di Venezia
Questa frenesia del passato ha lasciato il posto ad un’atmosfera tranquilla, da assaporare con calma seduti su una panchina o al tavolino di un caffè in campo del Ghetto Nuovo. Se ci guardiamo attorno possiamo individuare le serie di cinque finestre delle sinagoghe quasi mimetizzate tra gli altri edifici.
Qui si trova il Museo ebraico. Uno spazio raccolto e molto curato, con una fornitissima libreria, che custodisce manoscritti e libri antichi, oggetti liturgici e stoffe preziose. Il sito perfetto se vuoi approfondire ciò che riguarda le tradizioni liturgiche e il significato legato alle feste tradizionali ebraiche, non solo veneziane.
Se invece camminiamo lungo la calle che attraversa il Ghetto vecchio ci sono negozi artigianali e un panifico dove poter assaggiare qualche specialità kosher come le orecchie di Haman. Se vuoi vedere dove si trovano ancora oggi i fori per i cardini delle grandi porte all’ingresso sud del Ghetto, osserva le colonne ai lati del sotoportego che si affaccia in fondamenta san Giobbe.
L’origine della parola Ghetto
Il toponimo Ghetto deriva, probabilmente, dal verbo getar e dal fatto che l’isola che fu il primo nucleo del quartiere ebraico era chiamata isola del geto, per la presenza di una fonderia di rame dalla quale venivano gettati qui gli scarti delle lavorazioni.
Dato che la comunità di ebrei più numerosa a Venezia all’inizio del Cinquecento era quella proveniente dall’Europa centrale, ed essi avevano difficoltà a pronunciare la ‘g’ dolce, una piccola questione di fonetica trasformò la parola geto in gheto.
E così rimase.
Breve storia del Ghetto di Venezia
Nel 1516 sono circa 700 gli ebrei che abitano in città, principalmente nella zona di Rialto. Nella primavera di quell’anno il governo veneziano decide di confinarli in una zona della città ben delimitata, ed allo scopo individua quest’isola del geto. Si organizza quindi il loro trasferimento, e tra tutte le comunità più numerosa era quella degli ashkenaziti, gli ebrei provenienti dall’Europa centrale e orientale.
Dopo qualche anno fu necessario ampliare la superficie per poter ospitare altri ebrei, questa volta levantini, che arrivavano dall’impero ottomano ed erano principalmente mercanti. Si aggiunge quindi l’isola del Ghetto vecchio, nel 1541. La terza e ultima aggiunta è nel 1633, con l’inclusione del Ghetto novissimo. Nel Seicento la comunità ebraica di Venezia contava quasi cinquemila persone, che corrispondevano al 2% circa della popolazione.
Queste cifre creano qualche problema di sovrappopolazione perché la superficie a disposizione è limitatissima. Terreni edificabili non ce ne sono più e per creare altre abitazioni l’unica cosa possibile da fare è crescere in altezza. Ecco perché qui nel Ghetto ci sono tutti questi grattacieli veneziani.
Le cinque sinagoghe del Ghetto di Venezia
In questo quartiere davvero piccolissimo, formato da sole tre isole, convivevano forzatamente ben cinque comunità ebraiche, ognuna con i propri riti religiosi, tradizioni, lingue parlate, abitudini alimentari e, ovviamente, la propria sinagoga.
Tutte le sinagoghe sono generalmente visitabili, e le due di rito sefardita vengono usate ancora oggi come luogo di culto dalla piccola comunità ebraica locale. Tutte queste sinagoghe furono costruite nel Cinquecento, e vengono chiamate anche Scuole o Scole.
Sinagoghe nel Ghetto vecchio
La Scuola tedesca è la più antica sinagoga del Ghetto. Ci si accede attraverso il Museo Ebraico, e dall’esterno si individua facilmente grazie alla pentafora. Tempio di rito ashkenazita, ristrutturata in stile tardo-barocco nel Settecento.
La Scuola italiana è stata costruita dalla comunità italiana di lontana origine romana, la più povera di tutte, motivo per cui, ancora oggi, è l’edificio più semplice. Ha un entrata in comune con quella di alcune abitazioni, fu realizzata trasformando un sottotetto e si affaccia nel campo del Ghetto nuovo con cinque semplici finestre.
Infine la piccola Scuola Canton, di rito ashkenazita, nell’edificio d’angolo del campo in mezzo alle altre due. Dall’esterno è riconoscibile per la cupoletta in legno. L’unica sinagoga in Europa che presenta delle decorazioni dove sono rappresentati episodi biblici tratti dal libro dell’Esodo. Su otto pannelli lignei, racchiusi in cornici dorate.
Sinagoghe nel Ghetto nuovo
La Scuola Levantina è la prima sinagoga sefardita di Venezia, costruita dalla comunità di ebrei provenienti dall’impero Ottomano. Restaurata in stile barocco su progetto della scuola del Longhena. Assieme alla Scuola Ponentina, si affaccia in campiello delle Scuole.
La più vasta tra le sinagoghe veneziane è la Scuola Ponentina o Spagnola, fondata dalla comunità sefardita originaria dalla penisola iberica, che diventò il gruppo numericamente e culturalmente più forte. Riedificata a metà del Seicento dal Longhena, è la più imponente e scenografica.
Le porte e i cancelli del Ghetto
I varchi lungo il confine delle isole delimitarono fisicamente la zona del Ghetto per tutta la sua esistenza. Erano chiusi al tramonto e aperti al sorgere del sole. Nel 1797, alla caduta della Repubblica di Venezia, venne abolito l’obbligo di residenza per gli ebrei di Venezia, che poterono scegliere di abitare in qualsiasi zona della città.
Le porte che fino a quel momento limitavano gli ingressi furono bruciate. Questo spazio però rimase, ed è tutt’ora, il centro della vita religiosa e sociale della piccola comunità ebraica della città, e un luogo imprescindibile per una visita da parte degli ebrei provenienti da ogni parte del mondo.
Il Ghetto di Venezia durante la seconda guerra mondiale
Nel 1938 anche Venezia distribuì le schede per il censimento della popolazione ebraica, che a quel tempo contava circa 1200 residenti. Nel dicembre del 1943 la situazione precipitò e anche in questo ghetto ci furono retate, arresti e deportazioni. Di oltre i duecento ebrei deportati, solo sette tornarono a casa.
In campo del Ghetto nuovo si può vedere Il Monumento all’Olocausto, sette bassorilievi in bronzo realizzati nel 1980 dallo scultore lituano Arbit Blatas. Dello stesso autore anche l’opera dal titolo L’ultimo treno, eseguita in occasione del cinquantesimo anniversario delle deportazioni.
Come arrivare al Ghetto di Venezia
Il Ghetto di Venezia è facilmente raggiungibile da qualsiasi parte della città. Se arrivi dalla stazione ferroviaria di santa Lucia o da piazzale Roma devi camminare lungo rio terà lista di Spagna, dopo il ponte delle guglie svoltare a sinistra in fondamenta Cannaregio costeggiando il canale e svoltare a destra nel sotoportego del Ghetto.
Se invece arrivi da nord, percorri la fondamenta dei ormesini e prendi il ponte che ti porta direttamente in campo del Ghetto Nuovo all’altezza di corte Zappa.
Nel caso in cui tu voglia raggiungere il Ghetto con il vaporetto, le fermate più vicine sono due.
– san Marcuola, che è lungo il Canal Grande, con le linee 1 e 2;
– Guglie che invece è sul canale di Cannaregio, e che puoi raggiungere con le linee 4.1, 4.2, 5.1 e 5.2.
Il cimitero ebraico di Venezia
Il cimitero ebraico si trova al Lido di Venezia ed è uno dei più antichi del mondo. Infatti già alla fine del Trecento la piccola comunità ottenne dal governo veneziano la possibilità di utilizzare un terreno sul litorale di san Nicolò del Lido, accanto all’omonimo monastero benedettino, per seppellire i propri morti.
Con l’aumentare della popolazione giudea di Venezia il cimitero fu ampliato man mano. Dall’Ottocento in poi, a causa di atti vandalici e dell’incuria generale cadde nel degrado e molti monumenti andarono distrutti o furono spostati. Nel Novecento, dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali, fu completamente abbandonato.
Alla fine del secolo scorso sono iniziati degli importanti lavori su tutta l’area che hanno permesso di recuperare, restaurare e catalogare alcune centinaia di lapidi, le più antiche risalenti al Cinquecento.
Spero che questa passeggiata alla scoperta del Ghetto di Venezia ti sia piaciuta.
Appena sarà possibile farlo in serenità e sicurezza, riprenderò ad organizzare le visite guidate al Ghetto di Venezia dove potremo approfondire la storia della comunità ebraica di Venezia e visitare il Museo Ebraico e le sinagoghe.
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