Navigando lungo i canali che attraversano le barene della laguna di Venezia sembra quasi impossibile pensare che qui, molti secoli fa, c’erano isole molto vaste e accoglienti, in cui vivevano migliaia di persone. Ricche di edifici, palazzi e importanti monasteri che ospitavano fiorenti comunità religiose. Potremo definirla la prima Venezia, a cui seguì la città che divenne la Serenissima.
Ai tempi delle invasioni barbariche gli abitanti che fuggivano dalle loro città dell’entroterra scelsero queste isole perché offrivano un luogo protetto e vi si stabilirono in modo permanente. In certi casi erano abbastanza vicine tra loro da essere collegate da ponti. Le terre emerse, trasformate con un lavoro costante di bonifica, erano intensamente coltivate a vigna e a orto. C’erano abitazioni, mulini, cavane per le imbarcazioni e valli da pesca.
Col passare dei secoli, a causa dei fiumi che sfociavano in laguna, queste zone iniziarono ad impaludarsi e a decadere. L’aria diventò sempre più malsana, gli acquitrini favorivano la malaria e l’erosione degli argini e delle rive a causa delle correnti diventava inarrestabile. Fu così che un po’ alla volta si spopolarono finché nel Quattrocento furono definitivamente abbandonate.
Molte isole sono scomparse senza lasciar traccia, inghiottite dalle acque e sprofondate nei terreni melmosi, anche se qua e là sopravvivono piccoli lembi di terra dove edifici abbandonati o semplici ruderi resistono alle intemperie.
L’unica protagonista in questo paesaggio è la vegetazione tipica delle aree di barena, che assieme alle acque salmastre si impossessa di questi luoghi riportandoli ad uno stato primitivo, cancellando le tracce dell’intervento dell’uomo che per secoli ha trasformato tutta la laguna per renderla un luogo accogliente e ospitale.
Costanziaca, l’isola della Cura e sant’Ariano
Costanziaca, chiamata anche Costanziaco, era un ricco centro abitato, scomparso da molti secoli. Sorgeva a nord-est di Torcello e fu fondata nel VII secolo dagli abitanti di Altino, centro fiorente in epoca romana, che decisero di chiamarla così in ricordo di una delle porte della loro città.
Era costituita da varie isole situate sulle rive di un ramo del Sile che qui vi sfociava. Si sviluppò fino a diventare prospero e popoloso nel Medioevo. Ebbe sette chiese con annessi monasteri, e sull’isola principale ce n’erano quattro: quella dei santi Massimo e Marcellino, di san Mauro dove si trova oggi la palude della Centrega, poi il monastero di monache benedettine dei santi Giovanni e Paolo e infine quello di san Pietro che dà il nome al canale che costeggia i margini della palude della rosa.
Vi era poi l’isola della Cura con le chiese dei santi Sergio e Bacco e di san Matteo, le cui suore benedettine fondarono il monastero di san Matteo a Mazzorbo quando furono costrette a lasciare l’isola. Con la scomparsa dei centri religiosi e l’abbandono fu riconvertita come valle da pesca e zona agricola e poi abbandonata.
Infine sant’Ariano con il monastero benedettino fondato nel XII secolo, famoso perché accoglieva le ragazze delle famiglie più illustri della città. Le sue monache si trasferirono prima a Torcello e poi a san Girolamo a Venezia. L’isola di sant’Ariano fu trasformata in un ossario che dal Cinquecento e fino al XX secolo ha raccolto resti riesumati durante lo sgombero di tombe e cimiteri veneziani. Ciò che restava all’interno del cimitero è stato spianato e gli accessi chiusi a chiunque.
Ammiana
Uno dei siti più importanti della laguna di Venezia e completamente scomparso da secoli, occupa oggi una vasta porzione di barene che si trovano a nord est di Torcello. Era vicino ad un altro sito abbandonato, Costanziaco, con il quale condivide le origini per volontà dei profughi di trovare rifugio tra le basse acque della laguna.
Era formato da tre isole e vi erano due monasteri, quello dei santi Felice e Fortunato e quello di san Lorenzo. Entrambi centri religiosi ricchi ed importanti da cui dipendevano molti altri conventi e proprietà. Nel XII secolo tutta la zona iniziò ad essere abbandonata e tre secoli dopo era disabitata del tutto.
Ciò che resta oggi di Ammiana è una distesa di barene attraversata da ghebi e canali, con qualche piccola isola superstite e quasi nascosta, raggiungibile solo con una piccola barca a fondo piatto.
La motta dei cunici è una piccola isola il cui nome significa ‘montagnola dei conigli’.
La motta di san Lorenzo era il cuore di Ammiana, dove si trovava il prestigioso monastero omonimo le cui monache si trasferirono a Murano quando decisero di abbandonare l’isola nel Quattrocento. Del grande edificio restano alcune tracce delle fondamenta. Gli scavi archeologici hanno permesso di stabilire che questi luoghi furono abitati tra il I° ed il VI secolo.
Santa Cristina è l’isola più grande e meglio conservata dell’arcipelago di Ammiana. Vi sorgeva un monastero di benedettine dedicato a san Marco. L’ultima monaca rimasta si trasferì a Torcello nel Quattrocento. Quest’isola rappresenta uno dei rari casi di recupero e rilancio grazie ad un intervento privato. Infatti, dopo un lungo periodo di abbandono, l’isola di santa Cristina ospita oggi un elegante resort con piscina.
La Salina ospitava l’antico monastero dei santi Felice e Fortunato fondato nel IX secolo dai frati di Altino. Verso la metà del Quattrocento gli ultimi monaci rimasti si trasferirono a Venezia dove fondarono il chiostro dei santi Filippo e Giacomo. Ospitò una salina dalla metà dell’Ottocento, fu nuovamente abbandonata e poi riconvertita in agriturismo.
Metamauco
L’origine del suo nome è da collegare al Maior Meduacus, l’attuale Brenta, perché è proprio alla sua foce che si trovava questa città, uno degli insediamenti più antichi della laguna di Venezia. Le origini della sua storia risalgono all’epoca romana, perché in questo periodo era il porto di Padova cui era collegata attraverso il fiume.
Si popolò successivamente grazie ai profughi in fuga da Treviso e Padova a causa delle invasioni barbariche e che qui si rifugiarono trovando il sito sicuro e protetto. Fu capitale del Ducato di Venezia fino all’inizio del IX secolo quando questa fu trasferita sulle isole realtine, considerate più sicure e meglio difendibili da attacchi nemici.
Secondo una leggenda Metamauco si trovava nel mare Adriatico e fu inghiottita, come Atlantide, dalle acque del mare durante un terribile maremoto. La realtà più probabile è che invece si trovasse all’interno della laguna e che fu consumata dal lento e implacabile movimento di erosione causato dalle correnti.
Nel XII secolo l’antica Metamauco era già in rovina mentre si hanno già notizie di Novo Metamauco, corrispondente all’odierna Malamocco, una località che è parte dell’isola del Lido di Venezia, a nord degli Alberoni.
San Marco in boccalama
Si trovava più o meno nel cuore della laguna sud, alla foce del fiume Lama, un antico ramo del Brenta. La sua storia ha origini antiche e la fondazione della chiesa dedicata a san Marco risale all’XI secolo, opera dei canonici regolari Agostiniani.
Per l’isola di san Marco in boccalama la svolta avviene nel 1348 quando diventa un grande cimitero, utilizzato come fossa comune per seppellire i cadaveri degli appestati dell’epidemia che colpisce la città, motivo per cui i religiosi sono costretti ad abbandonare l’isola. Le acque la ricoprono sempre di più, gli edifici cadono in rovina e nel Seicento l’isola, completamente sommersa, è dimenticata. Oggi non è più identificabile perché coperta dalle acque.
Nella seconda metà degli anni Novanta del Novecento, nell’area anticamente occupata da quest’isola, è stata fatta una scoperta molto interessante. Sono stati rinvenuti e studiati, nei pressi dell’isola, due relitti navali: un burchio (imbarcazione da trasporto a fondo piatto) e una galea, che risalgono all’inizio del Trecento.
Per effettuare il rilievo dei due scafi, la superficie attorno ai relitti è stata circondata con una barriera temporanea, prosciugando poi l’acqua all’interno del perimetro. Le sagome così riaffiorate sono state studiate per una decina di giorni e poi ricoperte nuovamente per garantire la loro conservazione nel miglior modo possibile.
Sant’Ilario
L’abbazia benedettina dei santi Ilario e Benedetto fu fondata nel X secolo dai monaci di san Servolo. Si trovava ai margini occidentali della laguna di Venezia all’altezza delle località di Malcontenta e di Gambarare di Mira, in un territorio conteso tra Padova e Venezia che oggi è parte integrante della terraferma.
Nel XII secolo uno dei rami del Brenta fu deviato all’altezza dell’attuale Fiesso d’Artico. Un intervento che peggiorò le condizioni dei dintorni dove si formarono zone acquitrinose e malariche e che fu l’inizio della fine e il motivo dell’abbandono del complesso religioso da parte dei monaci nel Quattrocento.
La comunità religiosa si trasferì quindi nella chiesa di san Gregorio a Venezia, nel sestiere di Dorsoduro, alle cui dipendenze c’era un grande monastero. Questo edificio è stato in parte demolito alla fine dell’Ottocento per far posto a palazzo Genovese che oggi ospita l’hotel Centurion palace.
La laguna nord di Venezia, nella zona compresa tra Torcello e Lio Piccolo, è quella che più si avvicina a ciò che c’era qui in quei primi secoli della storia di Venezia. L’unico mezzo che consente di addentrarsi nei piccoli canali in mezzo a queste barene è una barca a remi o un piccolo natante a motore, condotto da chi questi posti li conosce bene.
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Immagine di copertina: alessandra marchesi su unsplash